La Sindrome di Down

Il centro disabilità era tutto un parlare di abilità e inabilità. Ad un certo punto, mentre mi stavo riempendo il piatto di minuscoli wurstel ricoperti di pasta sfoglia, venni affiancato da un ragazzo down sulla 20ina..anche se è sempre difficile indovinare l’età dei down: sembrano bambini invecchiati precocemente.

“Ciao io sono Davide” disse questo con la bocca piena di patatine.
“Ciao io sono Giacomo” e gli strinsi la mano.
“Io sono down, tu?”
“Io…beh…no… Niente io sono qui per…” e stavo per indicare mio fratello ma lui mi interruppe.
“Niente?! Ma dai! Impossibile! Tutti sono disabili! Ci sarà qualcosa che non sai fare!”
Ci pensai un attimo poi dissi: “Non so stirare per esempio”.
“Ah si” fece lui sorridendo “la stiro-sindrome! Guarda..” fece lui abbassando la voce “meglio essere down che avere la stiro-sindrome”.
“Perché?”
“Come perché?! Tu ce l’hai il sussidio?”
“No”
“Io sì! Però..però Matteo, ho avuto un periodo difficile..”.
“..mi chiamo Giacomo”.
“Sì, Giacomo. Ho avuto un periodo, Giacomo, che mi tiravano addosso i banchi, e le sedie e i libri. Alle superiori. Mi dicevano ‘mostro’, ‘idiota’, ‘handicappato’, ‘scemo’, ‘scimmia’. Mi volevano male. Se solo avessero saputo…”.
“Cosa?”
“..che grazie a loro cominciai a piacermi! Cominciai a ringraziare Dio di non avermi fatto così come quelli che mi offendevano. A loro era andata peggio: sono nati senza cuore! Sono contento del mio carattere, dei miei amici, della famiglia, della vita. Siamo parte della vita!” e fece un ampio gesto con le mani.
(da ‘Mio fratello rincorre i dinosauri’
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ll 21 marzo si celebra la tredicesima edizione della “World Down Syndrome Day” – WDSD – Giornata Mondiale della Sindrome di Down, sancita ufficialmente dall’ONU per diffondere una maggiore consapevolezza su tale Sindrome.

Dopo il tema dell’anno scorso “My Voice, My Community” (che sosteneva il diritto delle persone con sindrome di Down a “farsi sentire” ed essere ascoltati), il tema di quest’anno è WHAT I BRING TO MY COMMUNITY” (= IL MIO CONTRIBUTO ALLA SOCIETA’) che vuole porre l’accento sul fatto che anche queste persone sono importanti risorse per la comunità con il loro personale contributo.

La sindrome di Down si chiama così dal nome del medico, John Langdon Down, che nel 1866 ha descritto per la prima volta le caratteristiche delle persone con questa sindrome. Mentre, nel 1959 lo scienziato Jerome Lejeune ha scoperto che tali persone hanno un cromosoma in più nelle loro cellule. Per questo diciamo che la sindrome di Down è una “condizione genetica”. La sindrome di Down NON é UNA MALATTIA e non può essere curata: E’ piuttosto UNA CARATTERISTICA della persona che la accompagna per tutta la vita.

Nelle cellule degli esseri umani solitamente ci sono 46 cromosomi, divisi in 23 coppie.

23 cromosomi vengono dalla madre e 23 cromosomi vengono dal padre.

I 23 cromosomi della madre si uniscono ai 23 cromosomi del padre: in questo modo si forma una nuova cellula con 46 cromosomi. L’insieme di questi cromosomi definisce le caratteristiche di ogni persona, che in parte vengono dai suoi genitori, in parte da come sono mischiate queste caratteristiche.

Nella coppia di cromosomi numero 21 di chi ha la sindrome di Down, ci sono 3 cromosomi invece di 2. Per questa ragione la sindrome di Down viene anche chiamata “Trisomia 21”.
Per questo diciamo che la sindrome di Down è una “condizione genetica”. La sindrome di Down NON é UNA MALATTIA e non può essere curata: è piuttosto UNA CARATTERISTICA della persona che la accompagna per tutta la vita (cfr. https://aipd.it/)

In Italia ci sono circa 40mila persone, con età media di 25 anni, affette dalla Sindrome di Down. La loro sopravvivenza media si è fortunatamente allungata (nel nostro Paese si aggira intorno ai 62 anni).