“Ho sofferto di ansia e attacchi di panico, aprirò un blog per persone con l’ansia e darò loro dei consigli!“
“Ho 2 figli adolescenti: creerò un corso a pagamento per accompagnare i genitori che hanno ragazzi della stessa età”
“Ho perso mia moglie: gestirò il sostegno psicologico di un gruppo di auto mutuo aiuto di persone in lutto”
“Mi hanno diagnosticato un DCA e ho fatto anni di terapia. Farò incontri online di supporto emotivo a chi ne soffre”
….in fondo che cosa ho in meno di unə professionista?!
Quellə spesso neanche ha vissuto in prima persona certe esperienze!
XXXXXXXXX ERRORE XXXXXXXXX
L’esperienza è importante ma non è sinonimo di competenza.
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Esperienza personale
Vivere una sofferenza psicologica non è come conoscerla in profondità.
Avere attraversato una depressione, un disturbo alimentare (DCA), un trauma significa portarne i segni e le cicatrici, non possedere automaticamente gli strumenti per curarli.
L’esperienza è legittima ed autorevole ma è l’esperienza di quella singola persona. Parla delle risonanze, dei limiti, delle strade che hanno aiutato o ferito una certa persona. Resta comunque una testimonianza che può aprire lo spazio a delle possibilità, creare vicinanza, diminuire il senso di solitudine ed annientamento di chi sta attraversando una situazione simile, allargare l’immaginario perché suggerisce le parole per capire.
Ogni storia è diversa, ogni soggettività ha una struttura e un contesto propri, generalizzare dal proprio caso rischia di produrre ricette, minimizzare segnali d’allarme o sovrapporre la nostra storia a quella dell’altra persona.
Avere fatto esperienza di una patologia ha valore perché permette di dare forma e linguaggio al dolore, apre varchi di riconoscimento, rende visibili sfumature che dall’esterno resterebbero mute.
Chi parla dalla propria ferita sta nominando il mondo a partire da un corpo e da una storia propri e questo merita certamente ascolto, dignità e spazio.
L’esperienza è legittima ed autorevole, ma lo è rispetto a sé. Parla delle proprie risonanze, dei propri limiti, delle strade che hanno aiutato o ferito. Resta comunque una testimonianza che può aprire lo spazio a delle possibilità, crea vicinanza, diminuisce il senso di solitudine ed annientamento di chi sta attraversando una situazione simile, ne allarga l’immaginario perché suggerisce le parole per capirsi. Per queste stesse caratteristiche, va tenuta nei suoi confini, la sua autorevolezza è situata, anzi incarnata, non si estende automaticamente ad altre vite, non può essere “trasferibile”.
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Competenza clinica
La clinica va oltre il “parlare di quello che si è vissuto”.
La terapia si fonda sull’incontro tra due modi: quello del paziente, con la sua singolarità incarnata, e quello del terapeuta, che mette a disposizione una competenza, un linguaggio, una griglia interpretativa, un modello di lavoro che accoglie e supera il “a me è successo così”.
La clinica richiede competenze, strumenti, risorse.
Il terapeuta sa “maneggiare” i vissuti emotivi e complessi di ognuno, sa lavorare con le differenze individuali e le resistenze, sa contenere il trauma, sa lavorare con il transfert e controtransfert. Ha lavorato e lavora su di sé per mantenere il suo benessere e offrire il miglior aiuto possibile a chi si rivolge a lui. Non è influenzato dal vissuto personale, anche se può aver fatto esperienza di un disturbo o vissuto situazioni complesse.
Questo fa la terapia con un professionista: onora l’esperienza ossia le dà voce limitandola a ciò che è, una verità situata, capace di aprire spazio, non di occuparlo.
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Conseguenze dell’utilizzo dell’esperienza personale come professionale
Confondere il piano personale con quello clinico fa torto alla professione e all’esperienza, la indebolisce se la si usa come ricetta universale.
E’ comunque una risorsa potente nei gruppi di pari, nell’advocacy, nell’orientamento ai servizi, nel dialogo con i curanti per trovare le parole più giuste e le strategie più adatte.
Nel lavoro terapeutico, l’esperienza personale può aiutare il clinico ad affinare l’ascolto, a cogliere le sfumature che nessun manuale riporta. Però non sostituisce il metodo.
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E se qualcuno desidera trasformare la propria esperienza in competenza?
La strada esiste: formazione solida e continua, tirocinio, etica e deontologia, lavoro su di sé, supervisione.
Così l’esperienza non guiderebbe da sola, ma assieme al metodo diventerebbe uno strumento che rende la cura più adatta, più prudente, più rispettosa.
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LE ESPERIENZE VANNO MANEGGIATE CON CURA
e la TUA non sarà mai trasferibile a quella di un’altra persona.
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Articolo scritto in collaborazione: Silvia Mimmotti, Psicologa – Alessia Sassano, Psicologa.
